Ci sono stati due scudetti. Uno nel maschile, con la Paoletti del professore Pittera, nel 1978, uno nel femminile con l’Alidea della famiglia Pizzo, la signora Liliana in panchina e le sorelle Donatella e Tiziana in campo, nel 1980. Prima e dopo, c’è stata una passione irrefrenabile per la pallavolo, che ha contagiato una intera città. Tra i bambini il pallone di pallavolo contendeva il primato a quello del calcio. Nelle scuole si giocava a calcio e pallavolo, e si sognava di diventare calciatori o pallavolisti di serie A, seguendo l’esempio dei campioni che vestivano la maglia della Pallavolo Catania. Già. E quanti ne sono passati, dal parquet del Palazzetto, prima, e dei palasport di Acireale e di Catania, poi. Dai nomi iscritti a lettere cubitali nella storia dello sport italiano per l’impresa del Gabbiano d’Argento – Greco, Nassi, Scilipoti, Alessandro – a quello dello straniero dello scudetto, il ceco Koudelka; gli anni ’80 furono quelli del gioiello di casa, Massimo Castagna, e degli argentini, del duo Conte-Kantor che, guidati da Niky Lo Bianco, innovarono il modo di giocare pallavolo in Italia con schemi e soluzioni tattiche mai viste prima, senza dimenticare Mantovani, Ninfa, Arcidiacono, Maccarrone, Montaruli, La Rocca, Badolato e il brasiliani Ribeiro.
E poi, arrivati agli anni ’90, Blangè – palleggiatore della nazionale olandese che ci fece piangere, in finale ad Atene ’96, ma anche pluriscudettato a Parma – e Grabert, Benne e Meneau, Dimo Tonev e John Barrett, Nikola Grbic e Pirola, per arrivare a El Diablo: sua Maestà Joel Despaigne. Il campione dei campioni, il giocatore più forte del mondo, arrivato a Catania ormai a fine carriera senza aver perso una goccia del suo carisma, da monumento vivente di questo meraviglioso sport. Quanti ne sono passati, campioni da Catania? E non tutti vestirono la maglia della Pallavolo Catania, dell’ingegnere Consoli presidente. Perché, la cosa da sottolineare è che la passione per il volley, i successi che arrivavano, le semifinali scudetto disputate e le coppe internazionali dove si andava per fare bella figura produssero, come è normale che fosse, un effetto imitazione in altre società che si fecero strada ai vertici del volley.
Furono gli anni della San Cristoforo di Italo Rapisarda e del compianto Elio Motta, in cui muoveva i passi un giovanissimo Daniele Desiderio, squadra capace di vincere uno scudetto under 18 nelle finali disputate a Catania, nel 1990, con un gruppo di atleti che poi avrebbe fatto la serie A (tra i quali Arena, Silvestri, Latella, Bua, Primiera, Trimarchi) e di sfiorare l’A2 nello spareggio perso contro il Montecchio, nel 1993, dopo averla disputata alla fine degli anni ‘80; furono gli anni della Femar Acireale degli oriundi argentini, capitanati da Luis Laudonio, che in B1 fece sempre ottimi campionati; furono gli anni della Saturnia, che nella stagione 95/96 sfiorò la serie A arrivando a due punti soltanto di distacco dal Cori – l’attuale Latina di Superlega -; furono, soprattutto, gli anni della Playa del dottore Aurelio Valenti, patron di Messaggerie, azienda leader nel settore dei trasporti e della logistica, e nostro presidente onorario, che prima venne promossa in A2 e poi, con una squadra monstre allenata da quel galantuomo del volley che risponde al nome di Ljubo Travica, al termine della stagione 95/96 venne promossa in A1, perdendo solo una partita nel corso di tutto il campionato.
Sono ricordi che scaldano il cuore. Ci riportano al Palazzetto, stravolto di persone che tifavano senza sosta, sostenendo i propri beniamini e incutendo un sano timore agli avversari; ci riportano alla inaugurazione del palasport di Acireale, contro la Charro Padova di Fefè De Giorgi, Michele Pasinato, Ezio Rocco, Gianni Errichiello e, soprattutto, del leggendario Yuri Sapega: ottomila spettatori sulle tribune; ci riportano ai bagni di folla del Pala Catania, per la Daytona Modena di Bas Van der Goor e Andrea Giani, per il Cuneo di Rafa Pascual, per la Sisley Treviso di Dimitri Fomin.
Ma non devono rimanere ricordi. Non dobbiamo rassegnarci a volgere la testa all’indietro, per rammentare quello che eravamo stati e oggi non siamo più. La serie A, è a portata di mano, ed è una opportunità per tutti. Non solo per noi della Messaggerie. Se la conquistiamo, la conquisterà Catania. Ne beneficerà tutto il movimento. Ci saranno altre società, e ce lo auguriamo, che programmeranno stagioni al vertice; ci saranno tanti bambini che si iscriveranno nei centri addestramento, e potranno essere i campioni di domani; la pallavolo tornerà ad essere lo sport scolastico per eccellenza. Perché, noi lo sappiamo, nei palazzetti si respira una bellissima aria, la domenica, durante le partite della serie A. Noi l’abbiamo respirata. E vogliamo tornare a farlo.
E quando diciamo noi, non diciamo noi Messaggerie, ma noi Catania.
Viva la pallavolo.